
ABOUT
BIO
Simona Muzzi è una fotografa e artista visiva che vive a Bologna, ma si considera cittadina del mondo. Nata nel 1962, si laurea in Architettura a Firenze nel 1990, ma la sua carriera artistica prende una direzione diversa, quando, formandosi da autodidatta, inizia a esplorare la fotografia come mezzo espressivo.
Nel gennaio 2020, Simona espone per la prima volta le sue opere inedite a Paratissima Bologna, con una serie intitolata "Incidenti". In questa serie, affronta il tema proposto con un potente contrasto tra il selfie come fenomeno di nevrosi e narcisismo digitale e la drammatica scena di un incidente stradale, dove la vittima si scatta un ultimo selfie in punto di morte. Questa esibizione segna il suo esordio pubblico. Successivamente, nel 2021, espone nuovamente a Paratissima Torino con l'opera "covi-tude (covid-solitude)", una serie di immagini scattate durante il primo lockdown, che si sviluppano in una narrazione in quattro parti. Dal 2023 la sua arte ha attraversato diverse città, con mostre a Milano, Regno Unito e Barcellona.
Prima di intraprendere il cammino artistico come fotografa, Simona aveva sempre documentato la realtà che la circondava. Il suo approccio artistico alla fotografia cambia nel 2015, dopo aver visitato una mostra su Helmut Newton, considerato uno dei suoi mentori. È in quel periodo che inizia a utilizzare la tecnica dell'autoritratto come mezzo espressivo, segnando l'inizio di una ricerca personale e artistica. Da allora, ha sviluppato una serie di lavori che spaziano dal nudo boudoir alla fotografia concettuale e surreale, affrontando temi contemporanei con una libera interpretazione.
Il suo lavoro si distingue per l'integrazione di video e sonoro. Ogni immagine è accompagnata da un componente audio, che può variare tra melodie, brani strumentali e rumori tratti dal mondo reale. Questa sinergia tra immagini e suoni è fondamentale nel processo creativo di Simona, creando un'esperienza immersiva che amplifica il significato e l'intensità delle sue opere.
ARTIST STATEMENT
La tecnica dell’autoscatto è al centro della mia pratica fotografica. Non la utilizzo come mero strumento per l’autoritratto, ma come mezzo per esplorare e esprimere il sé. Il mio processo creativo è immediato e impulsivo, guidato da un’urgenza interiore che prende forma nel momento stesso dell’idea, raramente a distanza di giorni dalla sua maturazione. Prediligo un approccio essenziale: scelgo il luogo, l’abito o gli abiti, e scatto senza costruire set elaborati, lasciandomi guidare dall'istinto e dalla spontaneità del momento.
Alle opere fotografiche affianco spesso un video con un audio che riflette il mio processo creativo. Incorporo suoni tratti dalla realtà circostante, utilizzando il "rumore" come elemento disturbante ma stimolante, capace di interagire e amplificare l’impatto visivo delle immagini.
La mia ricerca si nutre dell’influenza di grandi artisti, pur prendendone le distanze. Da Helmut Newton ho appreso l’arte di affrontare la moda e il nudo senza mai cadere nella volgarità, anche se la sua precisione maniacale nella composizione non rispecchia il mio approccio più libero. Mi sento più vicina a Cindy Sherman, per l’uso dei costumi e dei travestimenti, e a Francesca Woodman, con cui condivido l’esplorazione della relazione con il corpo, la sensualità, e la tensione tra presenza e assenza, alienazione e introspezione. L’autoritratto diventa per me un’indagine continua del sé, una ricerca infinita di risposte destinate a rimanere aperte.
Nel mio lavoro, moda e memoria si intrecciano. Gli abiti che scelgo non sono solo elementi estetici: portano con sé l’affettività e il ricordo, legandomi alle figure femminili della mia famiglia, come mia madre e mia nonna, che non sono più con me. Attraverso questi indumenti, rendo visibile il loro influsso nella mia vita, contrapponendo la mia visione personale ai canoni estetici imposti dalla moda.
Infine, un tema intimo e ricorrente che attraversa la mia pratica fotografica è il mio rapporto con l’identità di genere. Il desiderio infantile di essere un maschio e la successiva consapevolezza della fortuna di essere donna permeano il mio lavoro. Questa dualità emerge a volte con forza, come nei nudi, e altre volte in modo sottile, insinuandosi in immagini che parlano di crescita, scoperta e accettazione.